Creare posti di lavoro, valorizzare le potenzialità, sensibilizzare le aziende: sono gli obiettivi del progetto di Aipd “Lavoratori con sindrome di Down: da assistiti a contribuenti”, finanziato dal Dipartimento per le pari opportunità.

ROMA – Il lavoro delle persone con disabilità non è solo un diritto o una “terapia”, ma può e deve essere una vera e propria risorsa produttiva, economica e sociale: è quanto intende affermare e dimostrare il progetto “Lavoratori con sindrome di Down: da assistiti a contribuenti”, della durata di 12 mesi, proposto dall’Associazione italiana Persone Down onlus e finanziato dal Dipartimento per le Pari Opportunità. Obiettivi principali dell'iniziativa sono: creare lavoro attraverso la formazione di operatori specializzati negli inserimenti lavorativi, aumentare la consapevolezza delle persone con sindrome di Down sulle proprie potenzialità di futuri lavoratori e sensibilizzare le aziende presenti sul territorio. Il progetto coinvolge 9 operatori, 18 persone con sindrome di Down e loro famiglie di 9 sezioni Aipd di 6 regioni italiane (Belluno, Cosenza, Frosinone, Grosseto, Latina, Oristano, Potenza, Roma, Vulture). 

Secondo un’indagine condotta da Aipd nel 2017 su 51 delle proprie sezioni, su 1.374 persone con sindrome di Down maggiorenni aderenti alla rete, solo 168 (il 12% circa) lavora con un regolare contratto. Il progetto prevede una serie di azioni: consulenza, informazione e formazione in presenza (incontri di formazione per familiari, percorsi di orientamento e formazione per giovani con sindrome di Down) e a distanza (tramite corso online e telefono), azioni di sensibilizzazione del mondo aziendale/istituzionale e monitoraggio e tutoraggio in situazione e l’avvio di nuovi servizi di inserimento lavorativo (SIL) presso le sezioni che ne sono sprovviste. 

“Tali azioni – spiega Monica Berarducci, responsabile dell'Osservatorio sul mondo del Lavoro di Aipd nazionale - coinvolgeranno direttamente le organizzazioni partecipanti rendendole protagoniste, con l’obiettivo di scardinare il pregiudizio che consiste nel pensare che l’inserimento lavorativo delle persone con sindrome Down è solo un’opportunità 'occupazionale' o terapeutica, quindi un peso per l’impresa e non un contributo alla produttività aziendale. Importante anche il lavoro sulle famiglie, che per prime concepiscono ancora il proprio figlio come un bambino o il suo inserimento lavorativo come un modo per occupare il 'tempo', con un atteggiamento assistenziale ed iperprotettivo che limita l’acquisizione dell’identità adulta/lavorativa e l’emancipazione in generale”.