Che cos’è la sindrome di Down?
La sindrome di Down è una condizione genetica caratterizzata dalla presenza di un cromosoma in più nelle cellule: invece di 46 cromosomi nel nucleo di ogni cellula ne sono presenti 47, vi è cioè un cromosoma n. 21 in più; da qui anche il termine Trisomia 21. Genetico non vuol dire ereditario, infatti nel 98% dei casi la sindrome di Down non è ereditaria. La conseguenza di questa alterazione cromosomica è una forma di disabilità caratterizzata da un variabile grado di ritardo nello sviluppo mentale, fisico e motorio del bambino. Si chiama così perché riprende il nome del dott. Langdon Down, che per primo nel 1866 riconobbe questa sindrome (sindrome vuol dire insieme di tratti) e ne identificò le principali caratteristiche.
Quante sono le persone con sindrome di Down?
Attualmente in Italia 1 bambino su 1200 nasce con questa condizione.
Grazie allo sviluppo della medicina e alle maggiori cure dedicate a queste persone la durata della loro vita si è molto allungata così che si può ora parlare di un’aspettativa di vita di 62 anni, destinata a crescere ulteriormente in futuro.
Si stima che oggi vivano in Italia circa 38.000 persone con sindrome di Down, di cui il 61% con più di 25 anni.
Le cause della sindrome di Down
Non conosciamo affatto quali siano le cause che determinano le anomalie cromosomiche in generale.
Sappiamo però che:
- Le anomalie cromosomiche, soprattutto le trisomie, sono un evento abbastanza frequente che interessa circa il 9% di tutti i concepimenti (tuttavia alla nascita solo lo 0,6% dei nati presenta un’anomalia cromosomica, a causa dell’elevatissima quota di embrioni che va incontro ad un aborto spontaneo);
- L’incidenza delle anomalie cromosomiche in generale, e quelle della Trisomia 21 in particolare, è assolutamente costante nelle diverse popolazioni, nel tempo e nello spazio;
- Tutte le possibili ipotesi eziologiche fino ad oggi formulabili (agenti chimici, radiazioni ionizzanti, infezioni virali, alterazioni metaboliche o endocrine materne) non sono state mai avvalorate dalle molte ricerche condotte. In definitiva si ritiene che l’insorgenza delle anomalie cromosomiche sia un fenomeno “naturale”, in qualche modo legato alla fisiologia della riproduzione umana, e anche molto frequente.
Si può fare qualcosa per prevenirla?
Le cause precise che determinano l’insorgenza della sindrome di Down sono ancora sconosciute. Numerose indagini epidemiologiche hanno comunque messo in evidenza che l’incidenza aumenta con l’aumentare dell’età materna: anche se la possibilità cresce con l’avanzare dell’età materna, questo non esclude che nascano bambini con sindrome di Down anche da donne giovani, ma una donna più anziana ha maggiori probabilità. L’altro fattore di rischio dimostrato è avere avuto un precedente figlio con la sindrome.
Come viene diagnosticata
La presenza della sindrome di Down è diagnosticabile nel neonato, oltre che con un’analisi cromosomica, attraverso una serie di caratteristiche facilmente riscontrabili dal pediatra, di cui la più nota è il taglio a mandorla degli occhi. La sindrome di Down può essere diagnosticata anche prima della nascita con l’amniocentesi o con la villocentesi.
Il Tri-test è un esame del sangue materno che non ha valore diagnostico, ma indica la probabilità in quella gravidanza di avere un bambino con sD e può orientare la scelta di procedere o meno all’amniocentesi.
Che cosa possono imparare e qual è il loro inserimento sociale?
Lo sviluppo del bambino con sindrome di Down avviene con un certo ritardo, ma secondo le stesse tappe degli altri bambini.
I bambini con sindrome di Down crescendo possono raggiungere, sia pure con tempi più lunghi, conquiste simili a quelle degli altri bambini: cammineranno, inizieranno a parlare, a correre, a giocare.
Rimane invece comune a tutti un variabile grado di ritardo mentale che si manifesta anche nella difficoltà di linguaggio frequente tra le persone con sindrome di Down.
La maggior parte delle persone con sindrome di Down può raggiungere un buon livello di autonomia personale, imparare a curare la propria persona, a cucinare, a uscire e fare acquisti da soli.
Possono fare sport e frequentare gli amici, vanno a scuola e possono imparare a leggere e scrivere. I giovani e gli adulti con sindrome di Down possono apprendere un mestiere e impegnarsi in un lavoro svolgendolo in modo competente e produttivo. È impossibile avere oggi dei dati statistici sul numero delle persone con sindrome di Down che lavorano, ma, anche se la legislazione attuale non favorisce adeguatamente l’avvio al lavoro delle persone con ritardo mentale, grazie all’impegno degli operatori e delle famiglie ci sono già molte esperienze positive. Ci sono lavoratori con sindrome di Down tra i bidelli, gli operai, i giardinieri e in altri impieghi con mansioni semplici. Stanno nascendo inoltre delle esperienze in lavori più complessi come l’immissione dati in computer o altri impieghi in ufficio. Le persone con sindrome di Down sanno fare molte cose e ne possono imparare molte altre. Perché queste possibilità diventino realtà occorre che tutti imparino a conoscerle e ad avere fiducia nelle loro capacità.